Storia di una pizzeria a Napoli

Piero Castellano
5 min readJul 17, 2020

La storia della pizzeria Di Matteo ai Tribunali nel racconto del titolare, dalle origini al riconoscimento UNESCO ai pizzaioli napoletani.

La “Antica Pizzeria e Friggitoria Di Matteo” vista dall’esterno non impressiona. Sembra una bottega che si affaccia su un classico vicolo del centro storico di Napoli, ed è difficile credere che un posto così piccolo abbia contribuito alla storia della pizza napoletana.

Il titolare, Salvatore di Matteo, sorride quando glielo si fa notare. “La sala superiore ha centocinquanta posti a sedere, e per ora ci bastano. Ma quando la mia famiglia aprì, nel 1936, la pizza era ancora un cibo di strada, da mangiare in piedi, e la pizzeria era fatta solo di un piano di lavoro, un forno a legna e una finestra sulla strada dove gli avventori si affacciavano e ordinavano le pizze.”

Le cose cambiarono poco nel dopoguerra: nella Napoli semidistrutta dai bombardamenti la pizza era un pasto a buon mercato, da mangiare velocemente in strada.

“La pizza a Napoli era consumata come ‘pizza a libretto,’ piegata in quattro per poterla tenere in mano mentre si camminava,” spiega il signor Di Matteo, “e come tutti i cibi di strada si era evoluta con delle accortezze, come lo spessore del cornicione, che permettessero di reggerla senza sporcarsi durante la pausa pranzo.”

Fu durante il boom economico degli anni ’50 che la pizza diventò anche un prodotto di ristorazione, da consumare seduti. Le pizzerie cominciarono ad avere qualche tavolino sulla strada, come la pizzeria Di Matteo, dove lavoravano il padre, la madre e lo zio di Salvatore Di Matteo.

Nel frattempo, nell’America dei fast-food e del take-away, la pizza si era evoluta in un fenomeno di massa, e inaspettatamente un presidente degli Stati Uniti d’America cambiò la storia della pizzeria Di Matteo e della pizza a Napoli.

Bill Clinton, a Napoli per il summit dei G7 del 1994, espresse il desiderio di riprovare la “pizza a libretto” che aveva mangiato a Napoli quando l’aveva visitata da studente. Fu un momento epico: “Era un fuori programma, il presidente era in visita al complesso monumentale di San Lorenzo, qui vicino. La sicurezza era rigidissima, al punto che mio padre non potè entrare nella sua pizzeria.” Le immagini del 42mo presidente USA che mangiava con le mani la “pizza a libretto” della pizzeria Di Matteo fecero il giro del mondo e fecero riscoprire la pizza napoletana. Oggi il fiume di turisti che sfila su via dei Tribunali, il Decumano Maggiore della Napoli romana, può scegliere tra decine di pizzerie, ma Salvatore Di Matteo non si preoccupa della concorrenza “Al contrario, ogni pizzeria, ogni famiglia di pizzaioli ha la sua pizza. Con gli stessi ingredienti, a pochi metri di distanza, possono preparare una pizza completamente diversa.”

La tradizione familiare è alle radici del lavoro di pizzaiolo “Sono cresciuto tra gli odori e i sapori delle pizze, ma in qualche modo li ho assorbiti ancora prima di nascere,” scherza Salvatore di Matteo, “Anzi, per poche ore non sono nato in pizzeria: mia madre lavorava con mio padre e non c’erano permessi di maternità in una gestione familiare!”

Odori e sapori che sono quelli degli ingredienti della pizza, i prodotti tipici del territorio che oggi sono riconosciuti e protetti con indicazioni geografiche di qualità: “E’ un discorso che mi sta molto a cuore, sono anche testimonial di un progetto chiamato ‘Eccellenze del Sud.’ La protezione delle indicazioni geografiche è fondamentale per il futuro della pizza o degli altri prodotti gastronomici che rendono unica e famosa la cucina napoletana e quella italiana. Ma è un discorso che funziona anche in senso inverso: l’uso di ingredienti di qualità permette alla pizza di rappresentare un intero territorio e la sua tradizione agricola e gastronomica.” Il successo della pizza diventa un incentivo alla sopravvivenza dell’economia tradizionale della regione, che implica la protezione dell’ambiente e del paesaggio che la rendono unica.

Ma ci sono anche ingredienti che sono anatema per un pizzaiolo napoletano: “Mai, mai, nemmeno per provocazione, l’ananas. Perché? Mettereste la banana nel kebab?” taglia corto il signor Di Matteo.

“La pizza napoletana è resa unica da ingredienti come il pomodoro San Marzano DOP, la mozzarella di bufala DOC, il fior di latte degli Appennini STG, la provola di Agerola DOP, il pomodorino del piennolo DOP. Poi il pomodorino giallo del Vesuvio, i friarielli, la salsiccia napoletana a punta di coltello… La pizza rappresenta le eccellenze del Sud o semplicemente le eccellenze italiane. Quindi anche i funghi, come i porcini del centro Italia, il Parmigiano Reggiano dell’Emilia, il prosciutto San Daniele del Friuli. La ricchezza della cucina italiana è proprio la diversità delle tradizioni a pochi kilometri di distanza.”

Recentemente la pizza napoletana ha ricevuto l’ambito riconoscimento dell’UNESCO. “E’ un riconoscimento importante”, sottolinea Salvatore Di Matteo “perché l’UNESCO ha voluto premiare l’importanza non del prodotto finale, la pizza napoletana, ma del metodo di lavoro dei pizzaioli, che è entrato a far parte come bene immateriale nei patrimoni dell’Umanità. Si riconosce che non è la pizza ma il nostro modo di farla che è unico.”

E’ un metodo che deve essere insegnato correttamente, e finora è stato tramandato dai pizzaioli ai loro garzoni. “Io mi auguro che il riconoscimento dell’UNESCO porti a un istituto controllato dallo Stato che salvaguardi la qualità e il futuro dei giovani che si avvicinano a questo mestiere, il futuro della pizza napoletana.”

Un futuro che Salvatore di Matteo spera che resti nel solco della tradizione. “Speriamo di continuare così, la tradizione ha dimostrato di sapersi adattare ad un mondo che è cambiato moltissimo dal 1936. Sono venuti presidenti e celebrità, ma la pizzeria di Napoli rimane la finestra sul Decumano: chi si affaccia a comprare una pizza, si affaccia sull'intero panorama dei prodotti di qualità della regione e dell’Italia.”

Questo articolo fu scritto per la pubblicazione “Terreno Fertile” dell’Ambasciata d’Italia in Turchia nel 2018

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Piero Castellano

Photojournalist and writer, traveler, biker, based in Genoa, Italy.